Palazzo Pellicioli al Portone - Municipio

Descrizione

La Proprietà

L’antica proprietà aveva un’estensione considerevolmente superiore a quella attuale, frutto di acquisizioni databili fino alla fine del XIX secolo. Nel 1878 arriva a comprendere i fondi agricoli situati tra via Sottocorna (ora via Guglielmo d’Alzano), piazza della Cava (ora piazza Giuseppe Garibaldi) e via per il Serio (ora via IV Novembre); non esisteva ancora il viale che conduceva alla stazione ferroviaria (ora fermata TEB Alzano Centro). L’assetto, più che di un vero e proprio palazzo, era quello di una residenza suburbana che, al tempo della redazione del Catasto Napoleonico (1813), aveva proprietà sia nel comune di Alzano Maggiore che in quello di Nese.

La Residenza

L’edificio acquisisce la configurazione di residenza nobiliare attraverso i progressivi interventi di ampliamento voluti Giovan Battista Pelliccioli. Iniziati dopo il 1630, portarono ad una riforma architettonica e all’adeguamento decorativo secondo il gusto della seconda metà del secolo. Giovan Battista diventa proprietario del palazzo alla morte dello zio Ventura Pelliccioli e dapprima è conte imperiale (1687), in seguito viene incluso nella nobiltà veneziana (1699). Nel 1771 la proprietà del palazzo passa dai discendenti Pelliccioli alla Misericordia di Alzano e, nel 1773, all’abate Francesco Fantina di Alzano. Nel 1813 appartiene alla famiglia di Giovanni Battista Zanchi, figlio di Lorenzo, e dalle mappe del Catasto Napoleonico sappiamo che il palazzo aveva già la conformazione ad “L”, rivolta verso piazza della Cava, che ancora conserva. Nel Catasto di metà Ottocento l’edificio, che non sembra aver subito modifiche consistenti, è censito come “casa civile”. Nel 1848 la proprietà, dalla famiglia di Giuseppe e Giovan Battista Zanchi, passa per eredità a Carlo e Rosalinda Zanchi. I successivi atti notarili di vendita ci aiutano a comprendere la natura dalla tenuta. Quando nel 1870 Camilla Donadoni, vedova di Carlo Zanchi, vende ad Attilio Cassina la proprietà viene descritta come composta da: «due caseggiati tra loro attigui […], l’uno civile per uso dominicale, con cortile, giardino e fontane d’acqua perenne […], l’altra per uso d’affitto, con cortiletto e botteghe» e da diversi fondi ad ovest dell’edificio principale. Negli anni seguenti Attilio Cassina acquista dei terreni a valle del complesso edificato e, quando vende nel 1888 all’ ingegnere Carlo Zucchi di Milano, l’atto notarile riporta: «Villa con vasto giardino, case d’affitto e terreni annessi posti in terre di Alzano Maggiore e Nese». Nel 1906 la proprietà viene acquistata dalla famiglia Pesenti e sappiamo che comprendeva: “casa di villeggiatura, annesso giardino, case d’affitto, terreni coltivi e boschivi”. La famiglia Pesenti, con Luigi e il figlio Antonio, intraprende la riforma del complesso. In assenza di documentazione non è possibile ricostruire con esattezza la sua entità, sicuramente sono loro ad intervenire: sull’assetto esterno con il ridisegno delle aperture e il rifacimento delle cornici che inizialmente erano in pietra di Sarnico ed ora sono in cemento decorativo; sulla decorazione interna, anche a discapito degli affreschi più antichi ormai deteriorati; sull’impianto del giardino, a testimonianza della particolare sensibilità della famiglia verso il tema del verde. Appartengono, forse, alla fase più antica la grotta, il pozzo e alcuni elementi scultorei in ceppo lombardo. Al termine dei lavori i fronti acquisiscono un’immagine complessiva unitaria ed omogenea, mentre all’interno, l’andamento e lo spessore differenziato dei setti murari e l’alternanza di ambienti voltati e solai lignei dai caratteri eterogenei rendono immediatamente visibile la lunga storia dell’edificio e le sue fasi costruttive. Nel 1906 i Pesenti promuovono la sistemazione di piazza Garibaldi, l’antica Cava.

Nel 1949 la proprietà, già frazionata, viene ulteriormente ridotta con l’alienazione dell’edificio affacciato su piazza Garibaldi venduto a Carlo Giordano e la costruzione di un muro divisorio. Risalgono al 1956 le opere di adattamento che hanno reso il palazzo sede del Comune, ma bisogna aspettare il 1° marzo 1958 per l’inaugurazione. Sempre nel 1956 il salone d’onore, divenuto Sala Consiliare (oggi intitolata a Luigi Pesenti), accoglie l’arredo disegnato per l’occorrenza da Luigi Angelini e, sul grande camino in marmo Macchiavecchia e marmo Nero, viene posizionato il dipinto di anonimo, copia del ritratto equestre di Tommaso Francesco di Savoia realizzato da Van Dyck. Se l’assetto complessivo dell’antica proprietà, a cui si accedeva da un ingresso oggi laterale, è profondamente mutato e ridotto, gli interni testimoniano ancora la grandiosità del palazzo. Si conserva lo scalone monumentale che conduce al piano nobile, al centro della cui volta è presente il tema mitologico di Ganimede; plausibilmente di intento celebrativo nei confronti del casato e della nobiltà acquisita dai proprietari. Il complesso e colto ciclo iconografico costituisce infatti, come da consuetudine, un’esaltazione della figura del committente e delle sue imprese. Il salone a tutt’altezza del piano nobile fu dipinto dal pittore quadraturista Domenico Ghislandi (1620-1677), padre del più celebre Fra’ Galgario, come plausibilmente la grande volta dello scalone e le altre sale di rappresentanza e “comodità” al piano nobile.

Approfondimento: I Pelliccioli del Portone e i Pelliccioli del Palazzo

Palazzo Pelliccioli, ora prestigiosa sede del Municipio di Alzano Lombardo, viene costruito a partire dal XVI secolo dalla famiglia Pelliccioli “del Portone”, arricchitasi con il commercio della lana. L’appellativo “del Portone” distingue il ramo della famiglia, che risiedeva in questo palazzo, dal ramo che risiedeva a lato della Basilica di San Martino Vescovo, presso Palazzo Pelliccioli “del Palazzo”. La scelta dell’appellativo ci ricorda che, tra la proprietà oggi Municipio e il complesso di Santa Maria della Pace, era presente uno dei tre portoni che regolavano l’accesso al borgo di Alzano Maggiore.

Approfondimento: Le Residenze Nobiliari, aspetti architettonici e decorativi

Palazzo Pelliccioli del Portone si configura come una villa suburbana per la sua posizione isolata, l’impianto libero e il rapporto con il contesto paesaggistico. Costituisce un esempio significativo della cultura della residenza tipica della metà del XVII secolo, sulla base della trattatistica architettonica italiana (S. Serlio, V. Scamozzi, A. Palladio) e francese (Ph. De l’Orme, P. Le Muet, Ch. D’Aviler, F. Blondel). Nelle residenze urbane e semiurbane l’articolazione planimetrica dei corpi di fabbrica e dei vani al loro interno rispondeva alle differenti funzioni e specifiche esigenze. Non mancavano quindi ambienti residenziali e di servizio quali: scuderie, rimesse, cucine, dispense, legnaie e così via. Generalmente gli ambienti di servizio occupavano le ali laterali e i corpi rustici, la residenza era invece affacciata sul giardino. Importante era la gerarchia tra i vari “appartamenti” della residenza, che comprendeva ambienti di rappresentanza, per il ricevimento degli ospiti di rango, di “comodità” e di vita quotidiana. In questi appartamenti la sequenza dei vani (vestibolo, corte d’onore, scalone, salone d’onore, anticamere e camere, sale da musica, galleria e cappella, cabinet) rispondeva a precisi cerimoniali codificati nella trattatistica. La qualificazione architettonica e decorativa assolveva ad esigenze di celebrazione e di affermazione dello status sociale assunto dalle famiglie committenti, ne sono un esempio i cicli decorativi di: scalone, salone d’onore a tutt’altezza, salette, camere e anticamere ad uso di rappresentanza o di carattere privato, cabinet. L’assetto decorativo e iconografico degli ambienti più importanti di Palazzo Pellicioli è estremamente colto e testimonia il livello culturale della famiglia proprietaria ed i legami profondi tra la città di Alzano e i modelli dei centri più aggiornati. Un recente intervento di restauro sulla volta a botte dello scalone ha riportato alla luce, sotto ad uno sfondato trompe-l’oeil con nuvole e cielo risalente all’epoca dei Pesenti, la presenza di un tema mitologico significativo, il fanciullo Ganimede rapito da Giove trasformatosi in aquila e portato sull’Olimpo per divenire coppiere degli Dei. La raffigurazione, corredata dal motto “In Deo Letandum”, trae diretta ispirazione dagli Emblemata di Andrea Alciati (1531), chiara l’allusione all’ascesa del casato verso l’“empireo” dell’aristocrazia. L’ascesa viene esibita sullo scalone posto a lato del vestibolo d’accesso, per informare il visitatore del rango del suo ospite. Bisogna ricordare che il mito era ben noto nella letteratura dell’epoca, rilanciato dall’iconografia del tardo Rinascimento che allude alla bellezza e alla gioia di vivere; tema che ben si addice al carattere libero ed informale di una residenza suburbana. La decorazione della volta del salone presenta nuovamente i caratteri tipici del gusto dell'epoca, come le quadrature architettoniche che incorniciano paesaggi, scene campestri e marine, una villa con giardino formale. Lo sfondato centrale assume, come da consuetudine, il ruolo preminente offrendo un esplicito richiamo allo status della famiglia e ai rapporti commerciali derivanti dalla locale produzione di panni di lana. Interessante è il riferimento al legame con l'Inghilterra ed in particolare Londra. Recenti opere di discialbo, condotte sulle pareti dello scalone, hanno messo in luce una complessa sovrapposizione di finte architetture dipinte con motivi classici (anfore, figure antropomorfe, teste di ariete, festoni, nastri). Meritano menzione anche le salette attigue i cui temi decorativi sono: Virtù, Uomini Illustri, finte architetture, cornucopie, cherubini, corse di bighe.

Modalità di Accesso

Aperto durante gli orari d’ufficio e visitabile su prenotazione facendo riferimento alla Biblioteca di Alzano Lombardo. Accessibile ai portatori di disabilità.

Luogo
Via Mazzini, Alzano Lombardo, BG, Italia
Costi

Gratuito.

Ultimo Aggiornamento

12
Dic/23

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